Cupole e affreschi :l'eredità parmigiana di un genio della pittura

di Silvia Ugolotti, testo e foto

Idee innovative e la capacità di rappresentare la realtà con naturalezza, nei suoi 45 anni di vita ha sviluppato un modello nuovo e personale, destinato a cambiare il corso della pittura. Oggi, il genio di Antonio Allegri, in arte Correggio, attraversa il mondo intero. 

Manierista prima del manierismo, avvolto da dubbi e incertezze, è il pittore meno documentato del Rinascimento. Una figura che a fatica emerge dal passato. Poco si sa di lui, a partire dalla data di nascita: gravita intorno al 1489. È certo, però, che la sua storia inizia a Correggio, nella pianura emiliana estranea ai giochi di potere dell’Italia che conta e arriva lontano. Le sue opere sono appese nei più importanti musei, dal Louvre di Parigi alla National Gallery di Londra, fino al Metropolitan di New York e l’Hermitage di San Pietroburgo. Ma è a Parma che si possono leggere i passaggi più importanti del suo percorso artistico, tra il 1519 e il 1530. “Uno degli artisti più importanti del Rinascimento italiano, un artista allievo del Mantegna e seguace di Leonardo da Vinci, equiparato a quest’ultimo dai suoi contemporanei e dal Vasari che lo definisce “raro e meraviglioso artefice”. Ma anche ad artisti come Raffaello Sanzio, Michelangelo o Tiziano”, spiega Elisabetta Fadda, professore associato di Storia dell’arte e del Rinascimento all’Università degli Studi di Parma e autore del libro “Come in un rebus: Correggio e la Camera di San Paolo” (Leo S. Olschki editore).

Il pittore e la badessa

La primo vera opera eccellente del Correggio è la Camera di San Paolo, gioiello nascosto e spesso dimenticato. È all’interno del convento benedettino femminile di San Paolo, tra i più ricchi e alla moda della città. In particolare, quando la badessa Giovanna Piacenza, giovane donna, colta e volitiva, è alla sua guida: dal 1507, per diciassette anni, organizza spazi e finanze, riceve ospiti come in una corte rinascimentale e progetta un appartamento dove invitare artisti e intellettuali da tutta Europa. Per decorarlo si circonda dei migliori e nel  1519 chiede a Correggio di affrescare la camera:  “Considerata da tutta la critica un capolavoro, qualcosa di imparagonabile se non alla Cappella Sistina a Roma o allo Studiolo di Isabella d’Este a Mantova. Comprende figure mitologiche mirabilmente dipinte ad affresco, ma anche frasi in latino e greco, che formano l’anagramma del nome di Giovanna da Piacenza”. La stanza, con il soffitto a cupola, è una decorazione illusionistica a tralci vegetali in cui si aprono finti ovati con soggetti di caccia e mitologici: “Dalle lunette affrescate a monocromo dove sono dipinti i simulacri degli dei antichi, s’innalza un’elaborata volta costruita in sedici spicchi convessi che fingono un pergolato di foglie, quasi un ombrello di stecche dorate. Si legano all’apice in un labirinto di nastri intrecciati che lasciano ricadere dei festoni di frutta chiusi al centro dallo stemma araldico della badessa. Più in basso, in ogni spicchio del pergolato, si vedono sedici aperture ovali sul cielo azzurro, da cui si affacciano coppie e gruppi di putti, intenti a mostrare oggetti o trofei di caccia”, aggiunge Fadda.

       

Sul camino è rappresentata Diana, dea della caccia, che simboleggia anche la luna: “Sul suo carro trainato da un cervo bianco e uno nero la dea indica il più scuro, a ricordare la notte. In passato si pensava che la camera fosse il tinello della badessa, più probabile che invece fosse la sua camera da letto; le immagini affrescate compongono un sogno: le figure simboleggiano infatti i vizi è le virtù ad ammonire le monache”. 

Poco dopo la realizzazione della Camera, il convento si chiude alla clausura per oltre due secoli. “Gli affreschi della Camera di San Paolo sono giunti a noi intatti e costituiscono un unicum. Nessun’altra città al mondo può vantare un capolavoro simile”, conclude la professoressa Fadda, “un affresco bellissimo, dal significato colto, eseguito da uno dei più grandi pittori della storia italiana”.

       

L’eroe delle cupole

Finita la Camera, una nuova commissione porta Correggio a decorare la chiesa di San Giovanni Evangelista. Un lavoro che lo occupa per quattro anni, dal 1520 al 1524. Deve affrescare la cupola, a più di 10 metri di altezza. Spalancata sul cielo con le sue prospettive audaci e gli effetti illusionistici rappresenta secondo gli studiosi un importante passo verso il barocco. Il tema è la visione che S. Giovanni ebbe nell’isola di Patmos dove gli apparve Gesù. Una prospettiva che, libera da partiture architettoniche e misure geometriche, appare come uno straordinario esperimento illusionistico. Ancora oggi, grazie al restauro guidato da Marcello Castrichini, si scoprono figure mai viste, scelte pittoriche eccezionali e una capacità di catturare la luce unica.

Chiuso un incarico, ne inizia un altro nel Duomo di Parma: affrescare oltre all’abside e al fregio che percorre la navata, la cupola. L’Assunzione della Vergine, è una grandiosa scena corale, una moltitudine di angeli disposti in forma di vortice che accompagnano la discesa della Madonna. È qui che Correggio trasforma compiutamente la prospettiva bidimensionale e terrestre dei fiorentini in una prospettiva tridimensionale e celeste. Ancor più straordinario se si pensa che il passaggio avviene nello spazio curvo di una volta. Pare che Tiziano, passando da Parma durante la realizzazione dell’affresco, si espresse così: “Se capovolgeste la cupola per riempirla d’oro non fareste il valore di questi affreschi”.

GPS: passeggiando con Correggio

Alla fortuna di Correggio, il Complesso Monumentale della Pilotta dedica una mostra – “L’Ottocento e il mito di Correggio” - destinata a diventare allestimento permanente. Protagonisti, quattro capolavori ospitati nelle sale della Rocchetta: la Madonna con la Scodella e la Madonna di San Gerolamo, insieme alle due tele provenienti dalla Cappella del Bono.

                                                                           

Da piazzale della Pace, attraversando strada Garibaldi si entra in Via Melloni. Prima, vale una sosta la galleria Centro Steccata, che dal 1960 è punto di riferimento per il collezionismo italiano. Unisce l’amore per i maestri del Novecento con l’interesse e l’entusiasmo verso i giovani artisti, allestisce mostre e organizza esperienze di artisti in permanenza.

Imboccando via Melloni, sul lato sinistro della strada c’è l’ingresso al Convento di San Paolo dove si può visitare la Camera della Badessa. Uscendo si prosegue per via Cavour, per girare a sinistra in Strada Duomo. Al numero 1/b c’è il negozio della designer di gioielli Laura Nocco , un mix di preziosità e fantasia. Si cammina fino alla piazza della Cattedrale per visitare la cupola con l’Assunzione della Vergine. Dietro alla Cattedrale, la Chiesa di San Giovani Evangelista conserva l’altra splendida cupola con la Visione e il transito di San Giovanni.

        Cupola del Correggio, San Giovanni

Da qui è a pochi passi Borgo 20 bistrot contemporaneo attento alla sostenibilità e alle cotture. La tradizione si mescola alla fantasia: ottima la tagliata di controfiletto di angus con crema di patate e cipolle borettane. Sopra al ristorante c’è Pio b&b, due camere di charme affacciate sui tetti.

Tornando in via Cavour si svolta a sinistra per raggiungere Piazza Garibaldi: in una nicchia del Palazzo Municipale, che in pochi conoscono, si nota una scultura dedicata a Correggio.

Centro Steccata: strada Garibaldi 23

Laura Nocco: Strada Duomo 1/b

Borgo 20: borgo XX Marzo 14/16

Piaceri al cubo

Vintage, modernariato e design: per chi soffre dell’incontrollabile passione, meglio dire devozione, per il pezzo raro c’è Loppis,  un loft delle meraviglie (a cinque minuti d’auto dal centro storico) all’interno di Cubo, ex spazio industriale ora contenitore polivalente. Gli inquilini sono professionisti dell’architettura, della grafica e della comunicazione. C’è anche un nuovissimo ristorante. Si chiama Bread Al Cubo Bistrot, una fusione di spazi e concetti per passare dall’aperitivo alla cena, dal mondo dei cocktail a quello delle bollicine, dai panini gourmet a piatti della tradizione rivisitati. Lo stile sarà quello tipico di Bread (in via Nazario Sauro a Parma), spazio vintage dall’effetto vissuto che unisce design e modernariato, oggetti di recupero e stile industriale: “La cucina sarà capitanata dagli chef Stefano Menoni e Matteo Zanetti, che hanno lavorato all’Ambasciata di Quistello, e da Marcello Gatti del Bread”, spiega Filippo Reggiani, uno dei soci fondatori del brand. Stile e creatività dalla mise en place alle proposte gastronomiche, un déhor e il roof top estivo per eventi culturali e privati.

Bread Al Cubo Bistrot: 05211551636

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